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STORIA RODALLESE​

Etimo del nome Rodallo 


Le possibilità etimologiche del nostro allegro paesello sono molteplici , a partire da quella ipotizzata dal Cav Gnavi che voleva il nome Rodallo derivare dall'incrocio di due viuzze che andavano da nord a sud da Caluso a Vallo e una da est ad ovest da Are a Buscallo zona boschiva alle porte di Foglizzo quindi il Cavagliere vedeva un mix tra Vallo e Buscallo e così per lui nasceva  Rutallo addolcito in Rodallo .

Mentre il nostro carissimo compaesano Marco Duana teorizzava che il nome Rodallo poteva derivare da Rovedario ovvero bosco di roveri cambiato poi in Rovedallo fino ad arrivare a Rodallo , questo bosco di roveri si trovava a nord di Foglizzo sulla antica Silva Fullicia 


Quando e come nacque Rodallo 


Non abbiamo bisogno di fare grandi ricerche nell'antichità o aguzzare la vista nelle nebbie medievali , per trovare l'origine del nostro caro Rodallo .

Siamo quasi certi che le sue origini risalgano appena a 4 secoli coevo al trattato di Cateau-Cambresis, che fu sottoscritto nel 1559 . Ma ecco spuntare dagli archivi comunali tra i primi coloni di Rodallo il nome di Actis Aleramo , che accese la fantasia dell'arciprete Don Germano Ravetti che nella sua Storia di Caluso , collego l'Aleramo alla blasonata famiglia del 1300 deglia Alerami Signori del Monferrato.


Chiesa di Santa Croce


Nella prima metà del XVIII secolo, dopo la costruzione della grande chiesa parrocchiale di Caluso, venne eretta la cappella del Sacro Cuore a Rodallo. Quest’ultima, a causa della crescita demografica del paese negli anni successivi, venne adibita a cappella laterale nel progetto di ampliamento architettonico.  L’attuale chiesa di Santa Croce dovette perciò adattarsi alla cappella preesistente, tanto cara alla popolazione rodallese. Il campanile posto di fronte all’antica chiesa venne demolito a favore dell’attuale torre campanaria, che riporta sulla sua facciata principale 7 D, da sempre oggetto di curiosità da parte dei passanti.

Nel 1913, in occasione dell’Anno Santo, il parroco Don Magoia G. con l’aiuto generoso dei rodallesi, fece erigere al centro della piazza l’attuale croce in bronzo su un piedistallo di granito. Sormontata da un gallo in posizione eretta, simbolo della vigilanza cristiana e della speranza, è stata restaurata ad opera della fondazione Felicita Ubertini in occasione del centenario dalla sua erezione.


Chiesa di San Rocco


La chiesa, dedicata a San Rocco, fu costruita nel 1793. San Rocco, pellegrino e taumaturgo francese, nasce come santo protettore del flagello della peste; progressivamente, la sua protezione si è estesa al mondo contadino, agli animali e alle epidemie e malattie gravi.

Viè conservata una meravigliosa statua in legno del santo, da sempre oggetto di devozione da parte dei rodallesi. L’interno, a tre navate con pilastri divisori, è arricchito dai numerosi ex voto offerti a San Rocco nell’arco dei secoli, come segno di riconoscenza per la grazia ricevuta.  


Casa Ubertini


La Casa Ubertini, affacciata su piazza Santa Croce, porta il nome dell'avvocato Carlo Giuseppe Ubertini, nato a Rodallo il 23 febbraio 1842 da Carlo Ubertini e Felicita Ferrero. Uno degli uomini di spicco secondo la tradizione liberale e democratica, fu assessore e sindaco di Caluso dal 1876 al 1881 e poi consigliere deputato provinciale. Tra le varie attività, promosse la “Regia Scuola Pratica di Agricoltura” in Caluso, unica in tutto il Piemonte, e migliorò le prestazioni della nuova linea ferroviaria Chivasso-Ivrea, permettendo a Rodallo di goderedell'insediamento della stazione. Ebbe una predilezione particolare per il nostro paese: nel 1906 fu il munifico benefattore della costruzione dell'asilo infantile, opera imponente e funzionale dedicata alla memoria dell'adorata madre Felicita, e annesse successivamente ben quarantacinque giornate di terreno e la sua casa natia, l'attuale casa Ubertini.


Piazza dei Caduti – Le “Bose”


Il termine “Bose” fa riferimento a uno stagno profondo un metro e mezzo e dell'ampiezza dell'attuale piazza, alimentato dai rigagnoli che raccoglievano l'acqua di numerose fontane a nord del territorio di Rodallo e della “ruggia” del molino; a sud un fosso fungeva invece da scarico, per contribuire alla purezza dell’acqua.

Dal 1700 le “bose” servivano ad abbeverare il bestiame della borgata, e le donne rodallesi potevano inoltre lavarvi i panni e la biancheria. L’acqua limpida ospitava carpe, tinche e altri pesci, favorendo così anche l’attività di pesca;  per questo motivo la strada che costeggiava lo stagno era denominata via Pescheria.

Nel XIX secolo, una volta migliorate le condizioni igienico-sanitarie del paese e costruiti nuovi pozzi, i rodallesi decisero di prosciugare il laghetto e riempirlo con rifiuti solidi, viste le condizioni igieniche poco ottimali. Il vasto spazio che si presentava venne arricchito con un lavatoio più a sud, a disposizione delle massaie.

Nel 1924, ad eternare la memoria dei soldati rodallesi caduti nella Grande Guerra del 1915-18, nel mezzo di questo spazio venne costruito il monumento ai caduti. Esso è composto da una stele alta cinque metri sormontata da una stella, ed in basso un rilievo in bronzo raffigurante l'Italia che protegge col suo manto un cappellano militare che conforta un soldato morente. Nel 1946 il monumento venne restaurato grazie al finanziamento del Dott. Aldo Actis.


Il Mulino


La costruzione del mulino di Rodallo venne finanziata nel XVIII secolo da tre ricchi proprietari terrieri: Stefano Actis Grosso, Giovanni Actis detto Rosset e Giuseppe Actis Dato. Ciò che possiamo ammirare oggi è il frutto del lavoro e della fatica di tutti i rodallesi, che insieme fornirono manodopera gratuita; quando i muratori non erano sufficienti, si suonavano le campane e accorrevano anche i contadini dalle campagne.

Il mulino restò perciò per parecchio tempo di proprietà comune; tuttavia, nel 1810 il Comune di Caluso convocò i suoi amministratori per rivederne la gestione, in quanto considerato opera pubblica destinata a pubblico esercizio. I rodallesi, temendo di dover assoggettarsi ad eventuali tasse, decisero dunque di regalare la loro opera al comune, purché provvedesse alla sua manutenzione.

Nel 1819 il conte Carlo Alfieri, rivendicando i diritti feudali sulla costruzione, ne divenne il nuovo proprietario, cedendolo successivamente all’ingegner Pietro Spurgazzi e infine alla famiglia Actis Caporale.